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La nostra serata a Ballroom

Di Marcello Rubini e Bruno Cortona – Abbiamo fatto una cosa che le nostre leggi morali ci proibiscono da sempre, siamo andati a un 16esimo. Passo indietro: eravamo venuti al Ballroom con le migliori intenzioni, conoscevamo KLINGANDE da quando era underground ma abbiamo deciso di andarci comunque.

Avevamo qualche amico nel privé, ma noi abbiamo deciso di cominciare comunque dalla platea, come fosse il Goa dei bei tempi. Errore madornale: dovevamo scegliere la zona tavoli e tutti quei magnifici comfort legati a essa, come una bella tettoia che ti ripara dalle secchiate d’acqua. Dovevamo fare i signori come ci ha sempre insegnato la “tradizione” perché tra il privé e la platea c’erano almeno vent’anni di differenza. Club Haus 80? Intorno a noi c’erano solo pischelli nati nel 2000, la madre manco era incinta mentre Totti faceva il cucchiaio. In poche parole: un Gilda Young delle grandi occasioni.

Noi siamo entrati con Jubel, subito dopo Jubel era già tempo di Gigi D’Agostino. Però non era il Gigi Dag che tutti noi conosciamo, ma uno sbarbatello nerdoide che il giorno dopo sarebbe entrato in seconda ora evitando l’interrogazione di matematica di fine anno. Poi un bagliore di luce, in mezzo alla folla: incroci il tuo amico del liceo che becchi a tutte le feste romane da 15 anni a questa parte, da corso Francia all’Eur. Di solito non lo cagheresti troppo, ma in questa circostanza ci chiacchieri giusto il tempo di farsi forza a vicenda.

Quel mercoledì sera a Ballroom con la pioggia, forse sarebbe stato meglio rimanere a casa, con la tua donna sul divano, anche a vedere Grey’s Anatomy. Gli altri dettagli che ti confermano la cazzata che hai fatto sono le pischellette invitate dietro la consolle solo perché fiche, che si atteggiano tipo Belen Rodriguez all’Hollywood, i pischelli in piene crisi ormonali e saluti romani che sono andati lì solo per un obiettivo: SCOPARE. Poveretti, ci fanno compassione, chi da giovane non ha mai provato almeno una volta lo sconforto di uscire da una discoteca mesto, affranto e con tutte le proprie migliori speranze buttate via? Un po’ come quando il Milan perde in casa, e i tifosi se ne vanno a partita ancora in corso.

Solo che dieci anni fa l’Amor Toujours era il pezzo fomento della sera, mentre per i pischelli di Ballroom è la prima volta che l’ascoltano e si fomentano solo con Pursuit of Happiness, la canzone resa celebre dal film Project X. E loro hanno la stessa voglia di spaccare e di spaccarsi di quel film, solo che lo fanno al villaggio degli Internazionali e non in una villetta americana. Per questo spirito gli dobbiamo dare una menzione di merito perché sono rimasti a ballare sotto la pioggia fino a quando si è fermata la musica, ovvero solo quando è venuto giù il diluvio universale.

Intanto noi, sentendoci come i genitori alla feste dei figli adolescenti, decidiamo di salire nel privé (anche perché essendo vecchi dopo un po’ risentiamo dell’umidità). Purtroppo scopriamo che anche il privé è diventata una piscina! Ma passiamo alla fauna che si ritrova dietro alle ringhiere più chic del Foro Italico. La gente è composta da arrampicatrici sociali minorenni, ex pr, le solite belle fighe, e i 45enni disposti a spendere un terzo dei loro 1800 euro in una serata per farsi i fichi con le 19enni. Noi decidiamo di prenderci l’ennesimo cocktail (15 euri)…. E arriva Alessandra. Lei avrà avuto 18 anni (forse) ed è un po’ l’emblema della serata. Ci si avvicina con fare sensuale e ci chiede da bere. Per un attimo abbiamo pensato di essere al Diva Futura e che lei fosse una giovane discendente di quella che fu la gloriosa ex scuderia di Schicchi. Noi però la liquidiamo con un sorrisone e vediamo un’altra scena bellissima.

Un tizio si accende una canna e sembra che sia diventato un terrorista dell’Isis, il nemico pubblico numero uno. Poveraccio, lo guardano tutti male, a cominciare dal buttafuori che lo imbruttisce pesantemente. Ma chissà quante canne si sarà fatto Kinglande per scrivere Jubel?! Comunque a un certo punto madre natura ha la meglio, alla fine la musica finisce e le persone scappano via sotto il diluvio. Tutti via, tranne la gente del privé che temporeggia per due motivi, perché ha pagato il tavolo e perché non vuole rovinarsi i gessati e i tacchi 12. Per i pischelli sotto al palco è diverso, alcuni tornano di corsa alle loro macchinette tutti zuppi, altri ostentando fieramente catenozzi d’oro sui petti spelacchiati. Torniamo a casa pure noi, tra i buttafuori che vogliono andare a dormire, i coatti che hanno parcheggiato a Piazza Mancini, e le ragazze che si aiutano l’un l’altra sotto ombrelli improvvisati tra le pozze d’acqua, il fango e i marmi mussoliniani.

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