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Il nostro spettacolo di Antonio Rezza

Di Giorgio Albertazzi – Avevamo voglia di andare a teatro, ma non a vedere Brignano o Pippo Franco, e così ieri siamo andati allo spettacolo di Antonio Rezza al teatro Vascello.

Lo spettacolo inizia alle 21, arriviamo mezz’ora in anticipo per ritirare gli accrediti e per ammazzare il tempo durante l’attesa siamo passati preventivamente dalla nostra enoteca personale, la cantina di nostro padre, per prendere un vino rosso da sorseggiare durante l’attesa.

Arrivati lì ci rendiamo conto che abbiamo commesso un errore, abbiamo rubato un vino da 15 gradi e mezzo da 50 euro e 4,1 di valutazione su Vivino (speriamo che nostro padre non legga l’articolo sennò la chiamata con l’inculata arriva in 10 secondi). Inoltre i nostri amici ancora non arrivano e bere quel vino da soli dalla bottiglia ci pare esagerato, quindi facciamo due cose: chiediamo dei bicchieri al bar del teatro, ci presentiamo a uno strano personaggio incontrato in fila per invitarlo a bere con noi. Invito accettato all’istante.

Dopo aver bevuto l’ottimo vino e conversato piacevolmente con il nostro nuovo conoscente arrivano anche i nostri amici ed entriamo nel teatro. Verso le 21:15 entra lui, uno dei teatranti più folli del panorama attuale, che inizia il suo “Anelante”, spettacolo che insieme a “7-14-21-28” e “Fratto X” rappresenta una delle opere più riuscite che in questo periodo ha messo in scena a Roma.

Sarà il vino da 50 euro a renderci tutto più bello, ma dalle 21:15 alle 23:00 smettiamo raramente di ridere. Rezza inanella una serie di sketch riuscitissimi in cui c’è tutto: c’è politica, religione, luoghi comuni, antropologia, senso della vita, cazzeggio, psicanalisi, sessualità. E lo fa senza mai essere autoreferenziale, anche se lo spettacolo lo permetterebbe, lo fa senza mai mettersi su un piedistallo, lo fa per la gente e a livello della gente.

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Una delle cose che notiamo di più è che senza un vero filo logico riesce a mettere insieme argomenti totalmente diversi, ma ognuno molto attuale, molto vicino al pubblico e molto intelligente. Lo spettacolo è molto coreografico, con i classici movimenti alla Rezza contornati da i movimenti altrettanto folli dei co-protagonisti, che non si sentono mai ma fanno parte integrante della scena.

Rezza accompagna tutta la durata dello spettacolo con il suo tipico ritmo verbale, con una ricercatezza lessicale che rende un concetto semplice divertentissimo e con un linguaggio del corpo che fa ridere anche se è fermo e zitto in mezzo al palco. In mezzo a questo non c’è una vera trama ma scene miste tra l’onirico e il lisergico, tra il profano e il volgare, tra l’assurdo e il reale.

L’artista comincia con uno sketch matematico, passando per l’organizzazione di un fantomatico G8 tra i potenti della terra e concludendo parlando dei genitori sotto al mare. Insomma uno spettacolo in cui c’è tutto, preso molto alla leggera ma che ti lascia qualcosa di profondo addosso. Uno spettacolo di un genio matto che riesce a far ridere raccontando quello che tutti pensano ma che nessuno dice. Uno spettacolo intelligente, intellettuale ma non borioso, sofisticato ma non radical chic. Uno spettacolo da andare a vedere.

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