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Roma citta’ di host

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Di Francesco Cianfarani“Che fai nella vita? Faccio l’host”. A Roma, soprattutto Roma nord, è il lavoro del momento. Tra gli under 35 romani c’è un vero e proprio popolo di affittacamere, spesso figli di famiglie agiate che hanno comprato o ereditato case vicino a Trastevere o a San Pietro. E magari dopo 9 anni di giurisprudenza alla Sapienza, troppi curriculum inviati su Infojobs o semplicemente dopo aver preso atto di aver poca voglia di lavorare si sono detti: “Ma chi me lo fa fare?” e hanno deciso, almeno per un po’, di fare i check-in agli americani in vacanza a Roma.

Alla fine l’impegno è poco e facile: le prenotazioni gli arrivano sull’app di Airbnb gestibili benissimo dall’iPhone 7 preso in abbonamento con la carta di papà. Le pulizie le fa il filippino di mamma. I check-in li fanno con gli amici di turno con cui stanno facendo l’aperitivo, altrimenti ci mandano il portiere del palazzo in cambio di una cifra che vale meno dell’interruzione del loro divertimento. Poi il weekend basta andare in giro per i mercatini vintage di Monti, così la fidanzata è contenta e loro trovano mobili a buon prezzo per la casa vacanze.

E mentre i loro amici senza casa vacanze perdono capelli e guadagnano rughe alla Ernst & Young per la metà dello stipendio o vengono sfruttati per fare le fotocopie in qualche studio legale di Piazzale Clodio, loro se ne stanno freschi freschi a ospitare turisti e lo stress più grande è tradurre su Google Translate il messaggio del cliente o chiedere di fare la recensione positiva su Airbnb. Beati loro che possono alzare un bel dito medio all’orrendo mercato del lavoro contemporaneo, potendo chi non lo farebbe?

Un tempo Roma era una città di bottegai, artigiani, cuochi, adesso siamo affittacamere. Un lavoro furbo come i romani, spennare i turisti rinunciando alla casa in centro, tanto “ci vado quando mi pare” e “non c’è mai parcheggio, si sta più tranquilli in periferia”. Tutto perfetto tranne il riscontro negativo dello svuotamento del centro di Roma dai romani. Ormai Campo de’ Fiori, Trastevere, Borgo Pio sono solo b&b, gli autoctoni rimasti sono pochissimi. Il centro di Roma è diventato come Venezia, un villaggio fantasma fatto di viandanti che non ci passano più di una settimana.

Un fenomeno in continua crescita, nato ormai quasi 10 anni fa, tra la crisi e la nascita di Airbnb. Ormai il business è enorme. Oltre a togliere un “figlio di” dalla disoccupazione, le case vacanze offrono guadagni per chi vende gli annunci, per chi fa i check-in, per chi pulisce le camere e, più di tutti, per Airbnb. Ci sono addirittura aziende che fatturano gestendo decine di case vacanze, prendendosi il 30% degli introiti. Te hai una casa, la dai a loro e ti arrivano i soldi senza fare niente, rinunciando a una percentuale. Altre invece ti affittano le camere per un periodo a un prezzo basso e le rivendono, così tu sei sicuro di vendere e loro ci fanno la plusvalenza.

Insomma, vivere di rendita a Roma si può fare benissimo. Anche dopo l’ultima stangata fiscale ci sono ragazzi che fanno più di 3 mila euro al mese con la loro casa vacanze, soldi nati dalla lungimiranza imprenditoriale dei genitori ricchi, o addirittura dei nonni. Nessuno più degli affittacamere rappresenta il meccanismo di una generazione, quella nata negli anni ’80, che ha una difficoltà estrema a emanciparsi e ancora grava sull’economia della famiglia.

Gli affittacamere rappresentano anche un altro meccanismo, quello della città che vive di rendita. E infatti questi neoimprenditori turistici oltre a ringraziare la vera mamma, ringraziano anche mamma Roma, perché è Roma, il suo passato e il suo fascino a far di una casa una lavoro comodo e ben pagato. 

E grazie a mamma e papà, a nonno e nonna, al Papa, all’Impero Romano, migliaia di ragazzi hanno uno stipendio da dirigente senza doversi spezzare la schiena su una scrivania a inseguire la pausa caffè. I bambini di oggi non sognano più di fare i calciatori, i pompieri o gli astronauti. I bambini romani vanno dalla mamma e le dicono: “Mamma, da grande voglio fa’ l’host”.

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