1. Ao
È la prima parola che il neonato romano dice dopo “mamma” e l’ultima che dirà prima di tirà le cuoia. La usa almeno una decina di volte al giorno, tutti i giorni della sua vita, finché morte non ci separi amen. Ao è un’esclamazione, un richiamo, un segno d’appartenenza. I veri locals ci chiudono le frasi (fa proprio caldo oggi ao – ma che sei scemo ao?), ma se lo dice qualcuno che non è di Roma ha lo stesso sapore della morte.
2. Se…
Se vabbè, se ciao, se lallero, se come no. Declinalo un po’ come ti pare, tanto il senso è sempre quello: te stanno a riempì de cazzate e non ne puoi più. Quando vuoi strafare basta accompagnarlo con gesto della mano e allungare la -e finale. Ed è subito SEEEEEEEEEE.
3. Mbè?
Il romano è interrogativo, dubbioso, ha capito che lo stai a fotte e sta cosa non va mica bene: ‘mbè, che problemi c’hai?
Oppure dormi da piedi e ti vuole semplicemente dare ‘na svegliata, e allora un “‘mbè?” con l’intonazione giusta vale più di mille parole.
4. Zì
A zì! Lo dici a un amico, a un conoscente, a un familiare, ma anche a quel tizio che becchi ogni giorno e di cui non ricordi mai il nome.
Bella zì, daje zì, certo zì… anche perché alla fine a Roma siamo tutti una grande famiglia ed è bello così.
A Milano è zio/zia, ma perché sprecà fiato quando si può dire semplicemente “zì”?
5. Ari-
Un po’ come il nero, ari- è il suffisso che sta bene su tutto. Quando il romano lo usa sta parlando di qualcosa che è già successa e che si sta ripetendo (e mica gli fa troppo piacere…): c’ari-semo, ari-daje, ari-eccote. Si può anche usare come un lieve insulto rivolto a chi è un po’ duro di comprendonio, nella versione ari-piate!
Che poi, come diceva il maestro Nino Manfredi: ari-tanga romba cojota…
6. Tiè
Un gatto nero ti taglia la strada, te se rompe uno specchio dentro casa, casca il sale a tavola… oppure te la stanno semplicemente a tirà, allora basta un semplice “tiè” con il gesto delle corna bene in vista e la sfiga vola via da te.
7. Cià
Vado di fretta ma te volevo comunque salutà, oppure voglio taglià corto e chiudere ‘sta telefonata infinita. Spesso raddoppiato in “cià cià”, quando proprio vuoi chiudere la bocca del tuo interlocutore che si sta accollando un po’ troppo.