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La storia delle unita’ di misura del vino romano

Oggi molti romani, soprattutto i romanordini, si sono imborghesiti e prendono sempre le bottiglie al ristorante, quasi nessuno prende più quello che a Roma per secoli ha rappresentato la bevanda più richiesta in qualunque trattoria o osteria: il vino della casa.

Ebbene si, perché ormai si chiede uno “Shiraz Casal del Giglio” al ristorante o una “Ribolla Gialla”, ma il romano è sempre stato abituato a prendere il vino nostro, il vino bono, fresco, novello. Il vino della casa. Ormai purtroppo molti ristoranti non lo propongono neanche, anche se in realtà ce l’hanno, perché naturalmente il guadagno è inferiore.

Il vino della casa a Roma è invece da sempre una tradizione, intrecciata con la storia delle osterie e addirittura con il succedersi dei papi. I papi erano interessati in quanto le tasse sul vino procuravano parecchie entrate. Le regole vennero fatte in modo che l’oste fosse onesto e il bevitore soddisfatto. Inoltre per regolare l’uso eccessivo di vino da parte dello scalmanato popolo romano che dopo i banchetti per motivi banali spesso faceva esplodere risse con morti e feriti (più o meno come oggi).

Gli osti in quel periodo, a metà del 1500, usavano spesso in modo fraudolento il recipiente, non versandolo fino alla misura giusta. Le misure comuni per versare il vino nelle osterie erano il congio, il mezzo congio, il boccale, il mezzo boccale o foglietta; nel 1580 fu aggiunta la mezza foglietta da Gregorio XIII, nella speranza che l’uso del vino da parte dei romani divenisse più contenuto.

Questi erano tutti recipienti di terraglia o metallo, in modo che gli osti potessero “raggirare” i clienti con la cosiddetta “sfogliettatura”, cioè la non completa riempitura del boccale. Per evitare questo malcostume il papa Sisto X Peretti, un francescano di ferro, decise di porre fine ai contenitori nei quali il vino non fosse visibile, e fece fabbricare contenitori in vetro all’ebreo Meier Maggino di Gabriello, di modo tale  che si potesse controllare l’esatta taratura del vino che l’oste gli serviva.

Nel 1588 il pontefice diede ordine, a mezzo di un bando pubblicato, che obbligava gli osti ad utilizzare le nuove misure in vetro. Nascono così le tipiche misure delle osterie romane, che esistono ancora oggi nelle sempre più rare mescite della città.

2 Litri = er barzillai (dall’onorevole Barzillai che durante le campagne elettorali, usava offrire il vino in tali recipienti)
1 Litro = tubo o tubbo.
½ Litro = foglietta, o fojetta.
¼ di Litro = quartino, o ½ fojetta.
1/5 di Litro = chierichetto.
1/10 di Litro = sospiro, o sottovoce (era così chiamato perché detto a bassa voce, perché piccolo, o ci si vergognava di non aver maggior denaro).

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