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Darkside a Spazio 900, la nuova Roma

Di Bruno Cortona – Quasi nessuno sapeva che ieri sera a Spazio 900 si esibiva uno dei dj più apprezzati del panorama internazionale. Nicolas Jaar, newyorchese di origini cilene, classe 1990. La musica di Jaar è conosciuta in tutto il mondo, i suoi ritmi elettronici sperimentali mischiati con le note strumentali sono il suo biglietto da visita. Ieri sera, a Spazio 900 all’Eur, Jaar suonava con Dave Harrington, polistrumentista, con cui forma i Darkside.

Ieri sera a Spazio 900 è andata in scena una serata unica, diversa da tutte le altre serate musicali romane e diversa da tutte le altre serate di Spazio 900. Per genere di musica, per ambiente, per tipo di pubblico e per atmosfera. Ieri sera Roma sembrava Berlino, Londra, New York.

Arriviamo alla serata un po’ in ritardo (causa Olanda-Argentina) e andando iniziamo ad avere ansia per il parcheggio, come accade di solito a Spazio 900. Invece avvicinandoci all’entrata scorgiamo una strana tranquillità fuori dal locale, niente calca, niente cocktail poggiati ovunque, e troviamo parcheggio a una distanza che va dai 5 ai 7 metri dall’ingresso. Guardiamo in alto verso i famosi balconi di “Spazio” e non c’è la solita massa di gente affacciata, nè la classica nuvola di fumo delle sigarette.

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Salendo le scale , senza fare un minuto di fila, entriamo in un altro mondo, che non c’entra niente con quello della Cristoforo Colombo visto fino a pochi secondi prima. La gente non è poca, nè molta, è giusta. Per la prima volta in 15 anni di serate romane c’è la gente giusta. La gente giusta come quantità, e soprattutto come qualità. Sul palco Jaar e Harrington stanno dando vita a uno spettacolo unico.

Un caleidoscopio di colori, luci, rumori e mixer che crea, insieme al fumo che esce perpetuamente dal basso, un vortice di emozioni che illuminano tutti e cinque i sensi. Un’unione di chitarra, quella di Harrington, e di mixer, sintetizzatore ed effetti, quelli di Jaar. Perfettamente sincronizzati in un unico ritmo, come se fossero i Beatles. Unendo però due pianeti di musica differenti, quella strumentale e quella elettronica. Per la prima volta all’unisono, cavalcate da due interpreti di altissimo livello che coinvolgono il pubblico in un rito sciamanico, in cui i discepoli si muovono dolcemente, lenti e ondeggiati, verso uno zenith musicale e spirituale che gli artisti regalano ai mille presenti. Un sound che ricorda i Pink Floyd, che strizza gli occhi a Tinariwen e che ha dei parenti tra i Fourtet e i Boards of Canada. Ragazzi e ragazze ipnotizzati da questo tripudio di esperienze diverse, tutte unite in una. E’ la nuova Roma che sta nascendo. Una serata infrasettimanale di grande musica, con artisti che riempiono i locali di tutto il mondo. Senza file, senza ansie, senza brutti sguardi, senza gente che vomita. Uscendo diciamo: “Oh, guarda, c’è una rissa!”. Ma, ovviamente, stiamo scherzando.

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