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La storia del suppli’

Il supplì, gia’ la parola e’ “buona”, suppli’, un suppli’ per favore, buono ‘sto supplì. Il supplì è senza dubbio uno dei cibi preferiti dai romani, e forse rappresenta più di tutti gli altri cibi l’essenza del romano. Il romano che sa arrangiarsi, che non ama le cose “leccate”, che vuole mangiare bene e al volo, che preferisce mangiare con le mani.

Ed e’ proprio dalle strade di Roma che il suppli’ nasce. Una ricetta semplice e buona come i cittadini di Roma: riso al ragù, pecorino, mozzarella, uova, pane grattugiato. Anche il nome nasce a Roma, ma dai soldati francesi che erano a Roma a inizio Ottocento, uno di loro infatti, grande amante della ricetta, chiamò la polpetta di riso fritta e impanata surprise, proprio perché scopriva cosa c’era dentro solo aprendola. Il nome supplì deriva dall’italianizzazione del francese surprise, che vuol dire sorpresa.

Da cibo locale ormai i supplì si mangiano in tutto il mondo, nella classica forma cilindrica e con il gusto croccante e molto saporito. Da Tokyo a New York il supplì si mangia come lo mangiano i romani: rigorosamente con le mani e rigorosamente disordinato.

Le prime notizie del suppli’ risalgono appunto a inizio Ottocento, i romani dell’epoca cambiarono nome trasformandolo in italiano e coniugandolo al femminile: la suppli’.

Il primo supplì, col nome di soplis di riso, sui menù appare nel lontano 1874, nel menù della Trattoria della Lepre in Via dei Condotti 9, frequentata, tra gli altri, da Gogol e Melville. Ai primi del ‘900 il nome era ancora femminile e infatti nella prima ricetta pubblicata che ci risulti, scritta da Ada Boni nel suo libro La Cucina Romana del 1929, viene citata come la supplì.

In un’intervista a James Joyce sul suo soggiorno romano del 1904, lo scrittore ricordava il supplittaro in strada con il suo grande calderone fumante di olio. La ricetta originale prevedeva, oltre alla mozzarella (che andava da un capo all’altro del prodotto) e al sugo di pomodoro, i ritagli di pollo, detti a Roma regaglie e i funghi. Fino agli anni Cinquanta resistette l’uso di questo ripieno, poi soppiantato dal ragù di manzo o di maiale, più delicato e più gradito al gusto moderno.

Uno dei nomi comuni è “suppli’ al telefono”, derivante dal fatto che per mangiarlo caldo, come è tradizione, andava aperto in due e la mozzarella filante creava un “filo” tra le due parti di riso facendolo sembrare, appunto, un telefono.

Nonostante i 200 anni di vita il supplì è sempre attuale, non passa mai di moda, si trova in qualsiasi pizzeria, rosticceria, bar, tavola calda, è un cibo popolare ma si trova anche in versione gourmet. A Roma ci sono ottimi supplì dalla Magliana (80 centesimi a supplì) fino a Ponte Milvio (2 euro minimo).

Anche nell’epoca del bio, del vegan, del macrobiotico, il supplì regge botta, resta una delizia anche se non è propriamente indicato per la prova costume.

Insomma, ancora oggi il suppli’ tira tantissimo, per questo si organizzano degustazioni, laboratori, gare e festival. L’anno scorso a Roma sono stati ben due i festival del supplì, uno da Eataly e l’altro a Capannelle con numeri da record. L’anno scorso sulla nostra pagina Facebook scrivemmo che “Ormai tira più il festival del Supplì che il giovedì sera al Goa”, quest’anno la storia non cambia.

Infatti Eataly, che esporta il cibo italiano in tutto il mondo, ha deciso di organizzare il secondo “Suppli’ Festival”, organizzato da Food Festival, da venerdì 14 a domenica 16 luglio, per continuare la tradizione romana e coinvolgere i cittadini della capitale in un vero e proprio viaggio dentro il mondo del supplì, dall’imparare a cucinarlo al mangiare i migliori supplì di Roma.

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