C’è uno stadio con le curve disegnate come onde giapponesi. Uno che sembra una navicella atterrata a Tokyo. Uno che assomiglia a un colosso di marmo greco, ma dentro ci si gioca la finale di Champions. E poi ci siamo noi, a Roma, che gli stadi li abbiamo inventati duemila anni fa e adesso li celebriamo in una mostra, come si fa coi grandi amori. Al MAXXI è arrivata “Stadi. Architettura e mito”, una galleria di emozioni in cemento armato, un pellegrinaggio laico tra 54 templi del tifo, dove ogni gradinata racconta una città, un popolo, un sogno collettivo.
Curata da Manuel Orazi, Fabio Salomoni e Moira Valeri e supportata dal Dipartimento di Architettura e Design contemporaneo guidato da Lorenza Baroncelli, la mostra raccoglie modelli, rendering, foto storiche, impianti iconici, dimenticati o solo immaginati. Dal Wembley al Maracanã, dal Panathinaiko di Atene all’Allianz Arena a Monaco. E non manca ovviamente un bel focus sui nostri: Flaminio, Luigi Ferraris, San Nicola, Stadio delle Alpi, San Siro fino all’Olimpico post-Olimpiadi ‘60.
Non è solo roba per appassionati di architettura: ci sono anche installazioni d’arte, poster d’epoca, le coppe dei nostri trionfi azzurri ai Mondiali e agli Europei portate direttamente dalla FIGC, e ancora ci sono plastici, video ( come quello di Zidane del duo Gordon/Parreno), disegni, installazioni d’artista e fotografie firmate Henri Cartier-Bresson e Luigi Ghirri. Un allestimento, a cura dallo Studio Binocle, che trasforma il MAXXI in una curva silenziosa e colta, in una specie di pellegrinaggio laico per tutti: per chi lo stadio lo vive come un tempio, per chi ci entra solo una volta l’anno e per chi non c’è mai stato.
Il biglietto intero costa 15 euro, 12 il ridotto. Il museo è aperto dal martedì alla domenica dalle 11 alle 19.