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Il fenomeno dei finti impegnati

Di Leopoldo Rubinacci – “No, scusa domani non posso proprio”, “Che devi fare?”, “C’ho da fare”. C’ho da fare, ci ho da fare, letteralmente: ho qualcosa da fare. Uno si aspetta che la persona in questione abbia un impegno importante, una riunione imperdibile, un evento di famiglia irrinunciabile, un appuntamento di lavoro a cui non può mancare. E invece no, la persona in questione non ha assolutamente un cazzo da fare.

E tu lo sai benissimo, ma non puoi dirgli nulla. E anche lui sa che lo sai, però ti dice che e’ impegnato, che e’ indaffarato, che non puo’, per tirarsela, per credersi importante, per sentirsi lui stesso impegnato o semplicemente come risposta automatica. E ti risponde con quella freddezza, lontananza, quasi schifo, come se Pacciani stesse chiedendo di uscire a una sedicenne di Roma Nord. Ecco, questi sono i famosissimi “finti impegnati”.

E la cosa bella è che spesso sono le persone che non fanno niente dalla mattina alla sera, quelle che fanno più i finti impegnati. E solo quando li metti sotto torchio, costringendoli a una confessione tipo interrogatorio di Scialoja, che vanno oltre alla decenza umana, e ti sparano una risposta vaga e ancora più fastidiosa del silenzio, tipo “devo fare delle cose per mio padre”, oppure “ho problemi familiari”. E tu sai che non è vero, sai benissimo che il padre non gli ha mai chiesto un favore in vita sua, e che il massimo problema familiare può essere non riuscire a montare un mobile di Ikea, ma non puoi farci niente. Non puoi farci niente perché dovresti chiedergli “dimostramelo cazzo!”, e invece non lo fai, perché sarebbe troppo. E rimani con quella rabbia in gola che te lo farà odiare per mesi.

I finti impegnati sono quelli che ti dicono “devo studiare”, ma ogni esame all’università lottano per un 18. Sono quelli che non hanno un lavoro da 5 anni, o lavorano nell’azienda di famiglia (ergo non fanno un cazzo) ma che si fanno beccare meno del tuo amico che è andato a lavorare alla Microsoft in California. Sono gli stessi che non rispondono mai al telefono, o peggio attaccano e ti mandano il messaggio preimpostato tipo “Ora non posso parlare”, e ti richiamano dopo 3 giorni, 3 giorni di niente assoluto. Sono quelli che arrivano sempre in ritardo, più tardi di quelli che vengono in treno da Milano usciti dall’ufficio, e che magari sono in ritardo perché si sono fermati a bere due cocktail in più all’aperitivo con gli altri nullafacenti amici loro. Te li ricordi perché sono quelli che anche a scuola non facevano mai i compiti, e non portavano MAI una giustificazione valida.

In un’epoca in cui ci sono solo giovani disoccupati e ragazzi che lottano per un lavoro part-time, loro da quello che sembra non potrebbero mai firmare un contratto, perché già adesso non hanno mai un minuto libero. Magari per finire una partita a Ultimate Team, o per vedersi una puntata in più di House of Cards.

Ma ormai l’abbiamo capito, il problema non è con gli altri, il problema è con loro stessi. Loro DEVONO sentirsi impegnati, è una lotta con la loro anima, devono sentirsi più impegnati degli altri per sentirsi felici, per sentirsi amati e desiderati. E non capiscono che il loro comportamento li rende solo ridicoli e sbeffeggiati da tutti, mentre li aspettano durante il loro ritardo ingiustificato. Cari finti impegnati, ne dovete parlare, spiegateci perché questo comportamento assurdo, ce lo dovete spiegare. Ovviamente quando avete tempo.

LEGGI ANCHE “IL FENOMENO DELLE PROFUMIERE”

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