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Roma

La nostra visita segreta alla villa di Albertone (FOTO)

Di Bruno Cortona – Stamattina, in occasione dei 95 anni di Alberto Sordi, siamo andati a fare un saluto ad Albertone nella sua villa, quella che è stata la sua dimora dal 1958 fino al 24 febbraio 2003, quando morì a 83 anni. In realtà la villa oggi era aperta ai giornalisti per presentare una rassegna cinematografica all’aperto, nel piazzale antistante la villa, con proiezioni gratuite dal 27 giugno al 3 luglio di sette film di “Alberto il grande”.

Ma noi siamo andati perché, grazie alle nostre conoscenze romane, volevamo fare un giro nella villa, dove nessuno degli altri giornali poteva andare. La Repubblica, il Corriere della Sera, il Messaggero, il Tempo e tutte le altre testate si sono accontentate delle due stanze che fanno vedere a tutti: lo studio e la barberia. Noi no, noi siamo andati oltre e abbiamo girato tutta la villa e il giardino in lungo e in largo. E questo è il nostro racconto.

Appena entrati si capisce subito che è la villa di un grande romano, nel viale prima di entrare nell’edificio ci giriamo a sinistra ed eccolo lì, un nasone accanto alla piscina. Poteva mancare il nasone a casa di Albertone? Assolutamente no. Continuando prima della porta d’ingresso ci troviamo a destra un’enorme statua di Nestore, il cavallo protagonista di “Nestore, l’ultima corsa”. Accanto una vecchia Fiat, anche quella protagonista di vari film.

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Entriamo. L’ingresso vetrato con molte piante ai lati, poi un altro ingresso con uno specchio gigante e dei quadri. A sinistra il salone principale, dove hanno allestito il buffet per l’occasione, pieno di divani d’epoca e statue raffiguranti uccelli e cavalli. Infondo il teatro, uno posto unico, che gli anni e l’usura hanno reso ancora più affascinante.

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Il teatro ha un soffitto bianco con intarsiata una lunghissima pellicola che lo copre totalmente. Dei divani di velluto come platea: verdi, rossi e blu. Ai lati varie statue raffiguranti donne in azioni mitologiche. Il teatro che Verdone, uno degli invitati all’evento, racconta che “è stato chiuso dal 1972, quando è morta la sorella Savina. Da quel momento la casa è entrata in lutto e Alberto ha chiuso il teatro. Io prima della sua morte quando venivo a trovarlo non l’ho mai visto il teatro se non una volta di sfuggita al buio. Prima invece lo apriva a feste e proiezioni tutte le sere, per esempio una volta vennero Jack Lemmon e Walter Matthau”.

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Dopo il teatro saliamo e andiamo nel suo studio, minuziosamente ordinato. Subito notiamo una scritta intagliata nel legno, che suona un po’ come il mantra di una vita intera per Albertone, proprio accanto alla sua scrivania si legge: “Ad ogni uomo che nasce il destino assegna una donna, la fortuna sta nel riuscire ad evitarla per tutta la vita“. Genio.

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Nel suo studio anche la sua poltroncina accanto al camino, dove, ci dice un suo vecchio amico e nostro Cicerone, “gli piaceva tantissimo passare le ore”. E sopra al camino decine e decine di premi vinti.

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Accanto allo studio un altro salotto, e dietro la stanza da pranzo. Un tavolo non troppo grande, per appena sei persone. Infondo un piatto enorme con il volto di Albertone disegnato, che grazie a un gioco di luci sorprende tutti i presenti come se fosse uno scherzo dello stesso Sordi.

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Dopo la sala da pranzo andiamo in quella che a detta di Verdone “è il vero teatro della casa”. Dove Albertone passava le giornate, e dove ospitava tutti: la barberia. Un posto d’altri tempi, una sola sedia da barbiere, di fronte a uno specchio illuminato a mo di camerino. Un armadio accanto che è una stanza, con tutte le sue cravatte, le sue giacche e i regali che gli facevano, molte bottiglie di superalcolici, qui nessuno è potuto entrare. Solo noi.

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Riscendiamo per andare in cucina e scendendo tocchiamo la pancia di un Buddha, “che Albertone accarezzava ogni volte che ci passava”, una volta giù ci accorgiamo di un particolare, su un mobile nel salotto del piano terra una bottiglia di spumante della Lazio, trasaliamo, poi ci accorgiamo che accanto ce n’è una identica della Roma, rinveniamo. La cucina enorme, con un tavolo di marmo antico nel mezzo, due lavandini anche quelli in marmo e le credenze in legno. A guardarci i tre inservienti che erano gli stessi di Albertone e che ancora oggi si occupano di prendersi cura della casa.

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Il giardino è qualcosa di spettacolare, la piscina (vuota) che domina Roma, con una stanza sotterranea che tramite una finestra da sulla piscina, una stanza dove, ci dice sempre il nostro Cicerone, ad Albertone piaceva organizzare cene con amici. Poi si sale ancora con degli scalini: aranci, limoni e rose, Albertone ha avuto 18 cani, ognuno di questi è seppellito in giardino, e sopra ognuno c’è una pianta di rose. Romantico.

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C’è anche un campo da bocce, ormai in disuso, e poi palme e altri alberi, incontriamo anche una tartaruga, in un giardino enorme che trasuda storia. Passiamo nella sala dietro al teatro, dove ci sono cimeli di moltissimi film. Andando via rincontriamo Carlo Verdone, che dopo aver concesso gentilmente mille interviste ci dice che si augura che: “una volta finito l’archivio e la catalogazione di tutti gli oggetti della casa, speriamo di aprirla al pubblico perché è troppo bella per rimanere chiusa”. Speriamo per tutti voi che questo accada molto presto perché, fidatevi, ne vale la pena. Verdone ci saluta e, come sempre, se ne va in motorino. Anche noi andiamo via, grazie della visita Albertone, e tanti auguri!

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