Di Francesco Cianfarani – L’ultima volta l’avevamo sentito qualche mese fa, volevamo andare a mangiare e ci aveva detto che era chiuso, ma non perché faceva freddo o era brutto tempo, perché aveva avuto “un mezzo infarto”.
Inizialmente ci siamo preoccupati, poi sentendo le sue parole ci aveva detto di essere in ripresa. E infatti dopo poco abbiamo pensato “ma chi l’ammazza Ascanio?”. Quando ci è arrivata la notizia siamo rimasti sconvolti.
In questi mesi avremmo voluto chiamarlo, non per prenotare il ristorante, ma per sapere come stava, e invece non l’abbiamo fatto. E adesso non possiamo più chiamarlo. Ascanio se n’è andato martedì notte al Gemelli, è stato ricoverato e dopo poco ci ha lasciato. Pare per un’emorragia interna.
Sapevamo dei suoi problemi di salute, ma mai avremmo pensato che sarebbe stata l’ultima volta che ci avremmo parlato. Venerdì c’è stata la camera mortuaria dell’ospedale e poi Ascanio è stato portato nella sua Archa, il chioschetto unico in tutto il litorale in cui cucinava pasta alle vongole e pesci alla griglia, tutto buonissimo a due lire.
E oltre all’ottimo cibo c’era lui, che passava, ti faceva la battuta perfetta fumando la sua sigaretta. Con quello stile inconfondibile, principesco anche se naif. L’ultima volta ci raccontò come tutto era iniziato, con una piccola enoteca in Toscana che iniziò ad andare di moda, gli yacht dei ricconi venivano a prendere le bottiglie da lui per portarle in barca. Poi l’Archa, che da tutti era chiamata solo “Ascanio”, per andare tutto l’anno in un posto unico al mondo.
E ora senza di lui siamo sicuri che non sarà la stessa cosa. Un ultimo abbraccio Asca’, grazie di tutte le giornate e le serate in quel posto pazzesco che avevi messo in piedi, mancherai un sacco a tutta Roma, ma è come se ti vedessimo, mentre già ti sei acchittato il tuo chioschetto anche lassù.