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Roma

Salva Roma, Marino
ci ha perso la faccia

Di Marcello Rubini – Non ci voleva un opinionista rodato nel campo della politica dei palazzi per capire che la storia del “Salva Roma” avrebbe avuto strascichi nel tempo. E ne avrà ancora, fino a quando Marino non abbandonerà la poltrona al Campidoglio. La sfrutteranno le opposizioni, come hanno già fatto, ma lo faranno anche le correnti dentro al Pd, quelle avverse a Marino. D’altronde la caduta di stile è stata così pesante che non potrà essere cancellata con un unico colpa di spugna (ma neanche con due).

Se il centrodestra chiedeva la testa del primo cittadino accusandolo di mancanza di concentrazione ai problemi seri della capitale (“non perda tempo con le pedonalizzazioni”), anche nel centrosinistra i malumori sono stati piuttosto espliciti. L’ultima accusa dall’area Dem sono arrivate da Dario Nardella, uno dei renziani irriducibili (vicesindaco di Firenze ai tempi di Renzi, e ora in corsa come sindaco fiorentino). Lui dalle colonne del Messaggero ha dato una lezioncina di stile all’ex chirurgo: “Non si può accettare questo tipo di protesta”. “Non si possono utilizzare i cittadini come scudo” perché “con tutte le attenuanti del caso, il primo cittadino è sempre il primo responsabile. Le ragioni del cosa, come e perché vengono dopo. Nessun alibi, insomma”, dice. E poi “il premier ha fatto bene a stigmatizzare i toni con cui il sindaco della capitale si è rivolto allo Stato”. Nardella quindi consiglia: “Marino forzi lo status quo. Roma appare una città bloccata, suggerirei a Marino di fare più il rottamatore e meno il rivendicatore. Ottenuto il decreto dimostri di meritarlo e faccia in modo che sia l’ultimo”.

Un consiglio utile, ma il carrozzone, anzi l’ “accrocco Roma”, composto da municipalizzate in perdita e aggrovigliate (come l’Atac), sembra impossibile da smaltire. Per questa riuscita servirebbe un primo cittadino con carattere e polso … Comunque, se i soldi sono arrivati a Roma grazie al Governo, ora il Campidoglio è di fatto commissariato. Un po’ come l’Italia, che fafeva i “compiti a casa” sotto le bacchettate dell’Unione Europea quando c’era Monti. Al momento nei piani di rientro della capitale ci sono: il blocco delle assunzioni nelle società, la vendiate della partecipate (quelle minori), la dismissione degli immobili del Comune (qui potrebbero arrivare 250 milioni!). Riuscirà quindi a tagliare, Marino, eseguendo i diktat dello Stato centrale? Un’ultima osservazione riguarda il taglio del proprio stipendio che ha fatto Marino recentemente. Una manovra per non perdere troppi consensi, proprio all’arrivo imminente del “Salva Roma”. Questo taglio, assieme a quelli degli assessori, è stato già dimenticato dai romani. E hanno fatto bene.

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