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I sette colli di Roma in realtà sono dodici

Per noi romani, ci sono poche certezze nella vita: la carbonara si fa con il guanciale, chi sono i sette re di roma e quali sono i sette colli. E se vi dicessimo che i sette colli in realtà sono nove, anzi, dodici? No, non stiamo dando i numeri e ora vi spieghiamo perché.

Aventino, Campidoglio, Celio, Esquilino, Palatino, Quirinale e Viminale. E fin qua ci siamo, ce li hanno insegnati a scuole come le tabelline in rigoroso ordine alfabetico e alcuni di noi li sanno meglio del proprio codice fiscale. Sui nostri amati sette colli, tutti ad est del Tevere, è stata fondata la città eterna dagli antichi romani, scelti in quanto ognuno di loro aveva proprie caratteristiche e funzionalità. Breve ripassino:

L’Aventino, detto anche il “colle della guerra” vista la sua collocazione elitaria sul Circo Massimo, dove originariamente i guerrieri si radunavano prima della battaglia.

Il Campidoglio, “il colle della testa”. Gli antichi romani lo utilizzavano come roccaforte per via della sua altezza e vi costruirono i primi templi dedicati agli dèi.

Il Celio, la “collina dei ricchi”, dove nell’antichità i repubblicani (i cittadini più ricchi, i pariolini d’oggi) costruivano le loro splendide ville e dove ancora oggi sorge la Chiesa di San Giovanni in Laterano, la più grande delle quattro chiese papali.

L’Esquilino, il “colle dell’oro”. Qui, dopo l’incendio del 64 d.c., Nerone vi costruì la sua dimora, appunto, d’oro, edificando sulle terre distrutte dalle fiamme.

Il Palatino, “il colle del potere”, è qui che Romolo fondò la città di Roma. Il Palatino sorge al centro tra i sette colli ed è stato anche scelto come centro d’interesse dagli imperatori e dall’élite romana del tempo.

Il Quirinale, il “colle dei sabini”, chiamato così per via dei loro insediamenti, è il colle più alto della città.

Il Viminale , il “colle degli dèi e dei bagni”, dove vennero edificate le Terme di Diocleziano che sostituirono le terme di Caracalla. È il colle più piccolo ma non per questo da sottovalutare. Anche perché si sa: nella botte piccola c’è il vino buono.

La lista canonica dei colli, trasmessa dagli scritti di Cicerone e Plutarco, si ferma a questi sette. Eppure, pare non ci si possa più fidare più nemmeno di loro perché negli ultimi tempi l’elenco si sta allargando e non di poco. Ma andiamo per gradi.

La prima new entry è il rinomatissimo Gianicolo, il colle che se la tira un po’ perché, grazie a Papa Urbano VIII Barberini, nel XVII secolo si è guadagnato le sue mura Gianicolensi e una vista panoramica che fa rosicare tutti gli altri. Per raggiungere l’ottavo colle, la strada piena di tornanti sale da Trastevere e arriva fino al Belvedere, dove c’è la famosa statua di Garibaldi a cavallo e poco dopo quella della sua compagna Anita, entrambi che vegliano sullo splendore della vista mozzafiato sulla città eterna. Da qui, ogni giorno a mezzogiorno in punto dal 1847, si può assistere allo sparo del cannone.

Passiamo al nono, il Vaticano, che prima di essere il regno del Papa era un rilievo completamente sconnesso. Ci ha pensato l’imperatore Costantino nel IV secolo a livellare tutto e costruirci sopra la basilica di San Pietro.

Decimo colle, cifra tonda, il Pincio, con gli interminabili scalini di Trinità dei Monti. Saliteli una volta e capirete perché questo colle si merita un posto d’onore nella lista.

L’elenco potrebbe continuare ancora se andiamo a considerare anche i colli “fantasma” come il Velia, che negli anni ‘30 è stato spianato senza tanti complimenti, o la piccola “sella” tra Campidoglio e Quirinale, asfaltata con nonchalance dall’imperatore Traiano per costruire il suo megaforo. Perché è così: a Roma, se qualcosa intralcia i piani, lo si butta giù, colli inclusi.

Insomma, dire che i colli di Roma siano solo sette è come dire che Roma si visita in un weekend: riduttivo, quasi offensivo. A Roma, di colli, bellezze e sorprese ce ne sono tanti che si perde il conto. E a noi romani, in fondo, piace così.

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